Jonathan Parra

Con affetto rivolgo alcune parole di gratitudine a Dio, alla mia famiglia e a tutti voi benefattori che, di buon cuore, mi aiutate nel mio processo di formazione sacerdotale.

E vorrei raccontarvi brevemente quelle che sono state le esperienze, le ragioni e le motivazioni per le quali, a poco a poco, ho scoperto la chiamata alla vocazione sacerdotale.

Ma prima di farlo, vorrei iniziare con la mia storia, che può aiutare a capire il motivo della mia decisione di seguire il Signore nella vita sacerdotale. Mi chiamo Jonathan Joel Parra Marín, sono nato il 3 maggio 1994 in una famiglia cattolica della città di San Cristóbal nel mio paese, il Venezuela. Sono cresciuto con la mammala nonna e gli zii, i quali mi hanno sempre instillato principi cristiani e religiosi, tanto che in famiglia c’era già uno zio prete.

Tuttavia, la mia è stata anche una famiglia disfunzionale, cioè i miei genitori si sono separati quando ero ancora molto piccolo. Nonostante questo, i legami familiari con la mia famiglia paterna sono sempre stati presenti, tanto che ho potuto sempre contare sul loro sostegno e accompagnamento (sebbene siano cristiani protestanti, non cattolici).

Poi, quando avevo 7 anni, c’è stato un evento che mi ha cambiato la vita. Infatti,  mia madre si è ammalata (per una serie di esaurimenti nervosi) e, poiché dove sono nato non c’erano molte speranze di vivere una vita normale, per la povertà, l’insicurezza, l’ambiente pericoloso del quartiere – sebbene vi fossero tante persone eccezionali, la mamma ha dovuto prendere una decisione molto difficile: affidarmi a mio zio sacerdote, che voleva farsi carico della mia formazione accademica, umana e anche economica. Anche se è stata una decisione dolorosa, mia madre ha preferito affidarmi a mio zio perché sapeva che, in un altro contesto e con altre possibilità, avrei potuto avere un futuro migliore, indipendentemente da quello che avrei deciso per la mia vita in futuro.

Ed è così che a 7 anni sono andato a vivere con mio zio prete, che fin dall’infanzia infondeva in me principi cristiani e religiosi, facendomi coinvolgere nella vita parrocchiale, aiutandolo come chierichetto, entrando nel gruppo di bambini dell’infanzia missionaria, ecc. Ero contento, tanto più che mio zio e un’altra zia che pure mi stava accanto mi hanno sempre incoraggiato a rimanere in contatto con mia madre, andando almeno una volta al mese a trovarla, raccontandole la mia vita, quel che facevo e  standole vicino quanto più possibile.

Con il passare del tempo ho concluso le scuole elementari e quando avevo 11 anni sono entrato nel seminario minore della mia diocesi, perché sentivo già la chiamata al sacerdozio, e finalmente avevo tempo e modo di discernere meglio, soprattutto nel nuovo ambiente in cui mi trovavo. Vorrei sottolineare che l’esempio di mio zio sacerdote, la sua dedizione al servizio della gente, sempre disponibile ai fedeli e soprattutto la sua gioia e felicità per quello che viveva e operava in quanto sacerdote, hanno fortemente influenzato la mia chiamata al ministero. Questo è il motivo per cui ho seguito tutti i miei studi liceali nel seminario minore, terminati a 17 anni.

È arrivato, allora, il momento della grande decisione, cioè se continuare con il seminario maggiore, per proseguire nel discernimento della vocazione sacerdotale e nrgli studi per il ministero sacerdotale, oppure andare in un'università civile per studiare psicologia o lingue moderne, materie entrambe che mi sono sempre piaciute tanto.  Alla fine, però, ho deciso di continuare il seminario, ed è così che ho fatto l'anno preparatorio nella mia diocesi, i tre anni di studi di filosofia e poi un anno di lavoro pastorale, nella curia diocesana con il mio vescovo.

Questi 5 anni sono stati un tempo di grande crescita umana, spirituale, intellettuale e pastorale per la mia formazione sacerdotale. Poi è arrivato il momento di prendere un’altra decisione che mi ha cambiato la vita, intendo il fatto di lasciare il mio Paese per venire a Roma e proseguire i miei studi qui. Devo però confessare che tutto quello che è accaduto nel mio cammino di formazione sacerdotale è stato provvidenziale, cioè Dio è sempre stato presente e ha guidato la mia vita.

Non è stato facile però nemmeno decidere di venire a Roma, perché sono figlio unica e volevo rimanere il più possibile vicino a mia madre, essendo già stato costretto a lasciarla quando ero molto piccolo. Ma ripeto, Dio non mi ha mai lasciato solo e mi ha sempre accompagnato. Infatti questi 4 anni a Roma sono stati meravigliosi, di grande ricchezza umana, intellettuale e spirituale: il fatto di essere nel cuore dell’universalità della Chiesa, vicino al Santo Padre, e con tanti fratelli di varie nazionalità, è una grande opportunità per aprire il cuore e amare tutti allo stesso modo.

Nel contempo, mi ha aiutato tanto, ad amare di più la Chiesa, il Santo Padre e la mia Diocesi (il mio vescovo e la mia patria). Da quando sono lontano, infatti, sento una grande nostalgia per il fatto di non essere vicino alla mia famiglia e agli amici, però questo mi consente, allo stesso tempo, di amarli di più.

Così, vorrei ringraziare tutti i miei benefattori, perché senza di loro non sarei mai potuto essere qui e non avrei avuto l’opportunità di formarmi presso un’università come la Santa Croce. Mi sento infinitamente grato e spero, con l’aiuto di Dio, di seguire sempre l’esemio di mio zio sacerdote, al quale devo così tanto.